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Pinocchio (1940)

Il film

© Disney

Certamente penalizzato dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il secondo Classico non venne apprezzato quanto necessario. Considerato un flop nonostante gli effetti animati rivoluzionari, Pinocchio è stato a lungo oscurato dagli altri lungometraggi ben più amati della Disney. L’ispirazione in questo caso veniva dal romanzo di Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio – Storia d’un burattino (1883), adattandone però la sensibilità di fine Ottocento troppo distante da quella tipicamente americana di Walt Disney. Sebbene la vicenda segua più o meno lo schema collodiano, il burattino è qui spogliato di ogni malizia e rappresentato come un bambino che si accinge a scoprire il mondo e si stupisce di tutto, poiché tutto per lui costituisce una novità. Uno degli elementi a brillare di più è sicuramente la stella dei desideri, emblema della Provvidenza che è pronta ad aiutarci ma fino a un certo punto, perché poi è nostro il compito rimboccarci le maniche per fare il resto. Questo tema è alla base del film sin dalla canzone di apertura, When You Wish Upon a Star, divenuta il simbolo stesso della Disney nella futura sigla di apertura.


L'arte

© Disney | min: 00.58.08

Quando il secondo classico Disney uscì nelle sale cinematografiche era il 1940 e la Gioconda di Leonardo da Vinci aveva ormai conquistato il mondo. Ritratto di Lisa Gherardini, giovane sposa di Francesco Bartolomeo del Giocondo, realizzato da Leonardo da Vinci tra il 1503 e il 1506, come tutti noi sappiamo è oggi conservato nel Museo del Louvre. Dopo il furto ad opera di Vincenzo Peruggia, nel 1911, l’immagine fotografata della Monna Lisa viaggiò oltreoceano e divenne così virale da essere considerata una vera e propria icona popolare. La dama leonardesca era alla pari di Marylin Monroe, tanto che l’artista contemporaneo Andy Warhol scelse entrambe come soggetti delle sue serigrafie più famose. Anche Walt Disney volle rappresentarla a suo modo nel film, sebbene non proprio al meglio delle sue condizioni. La vediamo infatti comparire nel Paese dei balocchi, trafugata e saccheggiata, utilizzata da Lucignolo per accendere un fiammifero. Del resto, non sappiamo cosa accadde di preciso dal momento del suo furto al ritrovamento, potrebbe essere davvero finita lì, per quel che ne sappiamo. Sicuramente ha acceso il fuoco di milioni di persone che ancora oggi la acclamano come una delle opere d’arte più apprezzate.



Quella rappresentata in Pinocchio però è una Gioconda che non ha molto di cui ridere, soprattutto perché vittima del più grande reato che si possa commettere nei confronti di un dipinto: disegnarci sopra. La vediamo in una situazione di completo degrado e con uno scarabocchio sulla tela, di cui Leonardo non fu certamente autore. Non è sicuramente la prima volta che qualcuno ci scarabocchia su, si pensi ad esempio a quando Marcel Duchamp volle adornarla con baffi e pizzetto in L.H.O.O.Q. (Elle a chaud au cul). Un gesto coerente con le idee del movimento dadaista, che utilizza un'immagine istituzionalmente accademica e considerata icona dell’arte ufficiale per compie su di essa una azione di grafica infantile, irrisoria e dissacrante. Si rifiuta, quindi, di produrre arte in modo tradizionale creando immagini.


Anche in Pinocchio, come accadde precedentemente in Biancaneve, le illustrazioni dei libri da cui sono tratte le storie rappresentate dalla Disney costituirono un modello fondamentale per gli animatori. Se nel precedente film abbiamo visto gli alberi di Arthur Rakham, le illustrazioni di Attilio Mussino hanno lo stesso tipo influenza nel lungometraggio. L’italiano Mussino aveva precedentemente illustrato il testo di Collodi, pubblicato nell'edizione del 1911 della R. Bemporad e figlio. Il suo Omino di burro, per esempio, ha le stesse identiche sembianze del Cocchiere che porta Pinocchio e Lucignolo nel Paese dei balocchi. Personaggio che nel live action del 2022 ritroviamo decisamente diverso, a tratti discordate, essendo interpretato da un ben più prestante Luke Evans.



Pinocchio d'artista

The Nose (1947–49), Alberto Giacometti | © Succession Alberto Giacometti / ADAGP, Paris, 2022

Ingenuo, credulone, sognatore, immaturo, bugiardo come dimostra il naso che si allunga a ogni bugia. Così Pinocchio è entrato nell’immaginario collettivo mondiale lasciando un segno nella cultura e, in particolare, nell’arte. Sono diversi gli artisti che hanno deciso e decidono tuttora di rendergli omaggio, in queste poche righe faremo solo qualche esempio. Il primo è quello di Alberto Giacometti, scultore italiano che visse gli orrori di una piena di odio, conflitti e distruzione. Come poteva vedere, lui, il mondo? Doveva sembrargli pieno di bugie, ipocrisia e ansia. Per lui, il signor Geppetto che ha mostrato amore e perdono illimitati al bugiardo Pinocchio poteva esistere solo in una storia per bambini. La realtà era invece un altro tipo di guerra in cui le persone mentono l'una all'altra, scatenando inevitabilmente altre bugie che, in qualche modo, finiscono per metterci in gabbia. Questo è ciò che vediamo nella sua opera in bronzo dal titolo The Nose (1947-49).


Jim Dine, White Gloves, 4 Wheels, 2007, © Jim Dine

Un altro esempio è quello di Jim Dine, che su Pinocchio ha eseguito disegni, sculture e dipinti dando vita al ragazzo di legno attraverso le sue creazioni, proprio come il creatore immaginario di Pinocchio, Geppetto. In piedi, in cima a un carretto di bronzo con quattro ruote, Pinocchio proclama la sua fanciullezza con le braccia tese nella scultura Big White Gloves, Big Four Wheels. Invece di concentrarsi sui mali della menzogna, come sembrano suggerire le frequenti bugie di Pinocchio e la morale della storia, Dine sottolinea la meraviglia di un oggetto inanimato che prende vita. Sebbene le sue sculture e i suoi dipinti possano sembrare semplici e spensierate opere di Pop art, i pezzi di Dine contengono diversi strati di significato che instillano un senso di meraviglia nello spettatore.



Link Utili

Guarda Pinocchio su Disney +


L'opera

Minuti del film: 00.58.08

La Gioconda (1503) di Leonardo da Vinci,

visitabile presso il Musée du Louvre


L.H.O.O.Q. (1919) di Marcel Duchamp,

Collezione Privata.


The Nose (1947–49) di Alberto Giacometti


White Gloves, 4 Wheels (2007) di Jim Dine,


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