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Cenerentola (1950)


Il film

© Disney

A caratterizzare il secondo dopoguerra fu il definitivo trionfo della cultura statunitense, anche sul suolo nostrano. Così, quando Cenerentola uscì nelle sale cinematografiche nel 1950 si può dire che fosse un successo già annunciato. La fiaba di Charles Perrault era una vecchia conoscenza degli Studios perché già precedentemente era stata soggetto di un cortometraggio per la serie Laugh-O-Gram (1922), primo studio di animazione fondato da Walt Disney quando aveva appena 20 anni. Questa nuova versione, che divenne il dodicesimo Classico, nonostante sia ambientata nella fine del XIX in una indefinita cittadina francese, è arricchita da elementi narrativi che provenivano direttamente dalla tradizione favolistica inglese. È il caso di Giac, Gus e i loro amici, topini che aiutano Cenerentola nel tentativo di realizzare un vestito per il gran ballo, che vengono direttamente dalla novella di Beatrix Potter intitolata The Tailor of Gloucester (Il sarto di Gloucester), illustrata dalla stessa scrittrice. Il film fu un successo clamoroso che, sebbene ancora provato dalla quasi non attività che lo studio ha dovuto sopportare negli anni della Guerra, valse a Walt Disney un premio speciale al Festival di Venezia.


L'arte

Succede che, tra una citazione e l'altra, ad ispirare non sia l'opera d'arte ma il Classico stesso. Ne è un esempio l'opera di Maurizio Cattelan, artista contemporaneo che nel 1996 realizzò un'installazione il cui titolo è una citazione della canzone più famosa di Cenerentola, ma leggermente variata: Bidibidobidiboo. Un titolo che contrasta il dramma della messa in scena di uno scoiattolo suicida, sparatosi un colpo di pistola per una formula sbagliata e che non ha realizzato la magia sperata. Lo sfortunato animaletto attira su di sé tutti i potenziali fallimenti di una vita scevra di ogni possibile riscatto, ponendoci davanti a un momento di sconforto supremo nonostante la scena surreale di uno scoiattolo umanizzato (come i disneyani Cip e Ciop o i topini di Cenerentola vestiti con abiti umani e che sostenevano la giovane ragazza nelle sue difficoltà quotidiane). La scena suscita sensazioni contrastanti: da un lato, un ilare stupore dovuto all’irrealtà del fatto (uno scoiattolo non potrebbe mai suicidarsi sparandosi con una pistola); dall’altro, l’empatia verso una desolante e misera tragedia.


© Disney

L’installazione adatta in scala tutti gli elementi della cucina alle dimensioni naturali dello scoiattolo tassidermizzato e nelle presentazioni viene spesso collocata al piano del pavimento, costringendo lo spettatore a chinarsi per poterla osservare. Questo perché quello di Bidibidobidiboo non è una celebrità come i suoi corrispettivi disneyani, Cip e Ciop: è uno scoiattolo comune che vive in un ambiente angusto, povero. È solo, senza nessuno che gli abbia impedito di compiere il suo gesto estremo. È forse il declino di una vita che avrebbe voluto altro per sé, oppure è la fine di amore, di un insopportabile dolore. L’unica certezza è che in questo caso nessuna formula magica ha potuto sovvertire l’infausto destino a cui lo scoiattolo è stato condannato. Bidibidobidiboo è lo sgretolamento del sogno di una vita che non ha più nessun incantesimo da giocare oppure, ancora più crudamente, il disincanto di una fanciullezza che nemmeno una amorevole e provetta fata madrina ha potuto riabilitare o salvare.


Link utili

Guarda Cenerentola su Disney +


L'opera:

Bidibidobidiboo (1996) di Maurizio Cattelan

ora in mostra a Palazzo Strozzi per la mostra Reaching for the stars.

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