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Oceania (2016)

Il film

© Disney

Il secondo Classico arrivato al cinema nel 2016 (dopo Zootropolis) è Oceania, che attingendo alla cultura e ai miti polinesiani presenta al pubblico la nuova principessa Vaiana di Moto Nui. Partita alla ricerca del semidio Maui perché potesse aiutarla a restituire a Te Fiti il cuore che quest’ultimo le aveva rubato mille anni prima, Vaiana vive l’avventura in mare aperto che aveva sempre sognato e riesce così a trovare sé stessa e salvare il suo popolo da una terribile maledizione. Sebbene possa sembrare un passo indietro nello sviluppo della trama, quello che Oceania fa è riconfermare la cifra stilistica Disney con un cinema d'animazione scanzonato e dalla decisa componente umoristica, ricco di slapstick e animali iconici come il maialino Pua, il galletto Hei Hei e il gigantesco granchio Tamatoa. Quest’ultimo è protagonista di una parentesi narrativa indipendente dal resto del film, ma che ci regala un momento musical particolarmente entusiasmante. Degne di nota sono infatti le musiche scritte da Lin Manuel Miranda, con il quale la Disney stabilisce una collaborazione che lo vedrà tornare a lavoro per Encanto (2021) e per il live action de La Sirenetta atteso per il 2023.


L'arte

© Disney | min. 00.15.17

Nel 1893 Paul Gauguin scrisse sul suo diario: «Possa venire il giorno in cui fuggirò nei boschi di qualche isola dell’Oceania a vivere d’estasi, di calma e d’arte». Dopo qualche mese partì per i mari del Sud, lontano dalle regole e dai preconcetti di una società che l’artista non riusciva più ad accettare e che sentiva limitante. A Tahiti, nel mezzo dell’Oceano Pacifico, trovò un proprio paradiso terrestre, un approdo dove ritrovare sé stesso e dove riprendere la sua pittura. Per questo quando si parla di Polinesia non si può che pensare a Gauguin e gli artisti della Disney hanno tradotto questo legame nelle immagini del film Oceania (Moana), che sembra proprio immergere lo spettatore nei colori e nelle trame dell’artista francese. I paesaggi, le donne tahitiane, lo stile di Gauguin riecheggiano in tutto il film. Tuttavia l'ambientazione di questo film non è Tahiti, l’isola più grande della Polinesia francese, ma l'assonante Te Fiti e Motunui, i cui abitanti sono ispirati alle Isole di Samoa, spesso denominate “Isole dei Navigatori”.


Noa Noa

Precedentemente anche un altro film aveva fatto lo stesso con le opere di Gauguin, non tanto con quelle più famose del periodo a Tahiti quanto più alcuni disegni e appunti presi sul suo diario, poi pubblicato con il titolo Noa Noa, e che tanto ricordano quelli di Saludos Amigos. Nel 1942, il team di animatori degli Studios volò infatti in Sudamerica per studiare il territorio, portando con sé i suoi personaggi (Paperino, Pippo, José Carioca) e il risultato di questo viaggio fu un film episodico composto da quattro diversi segmenti. Ognuno di questi inizia con varie clip degli artisti Disney in giro per il Paese che disegnano vignette, il cui stile ricorda incredibilmente quelle dell’artista francese.


L'arte polinesiana

© Disney | min. 00.04.18

Pensare alla storia dell'arte polinesiana richiede però una contestualizzazione del termine "arte" nelle culture polinesiane: essa è la combinazione di tutti i processi creativi in materiali tangibili, performance (canto, recitazione, danza, musica) e profumi. Quella che è considerata arte in Polinesia è strettamente legata ai concetti di abilità, indirettezza (il graduale disvelamento di strati di significato attraverso la crescita della conoscenza e dell'esperienza culturale nel tempo) e integrazione (dei sensi). L'arte polinesiana è un linguaggio visivo che raffigura il rapporto tra uomo e natura. Il rispetto dell'ambiente, della fauna e della flora, del cielo, delle creature grandi e piccole, delle loro vite, dei loro dei. Linee e forme geometriche che sembrano astratte, ma hanno un significato preciso. Per questo la Disney si sofferma sui dettagli e ci mostra spesso esempi di Ngatu, panni di corteccia decorati ricavati dalla parte interna dell'Hiapo (gelso da carta). Questo è un tessuto tradizionale che ancora oggi fa parte delle tradizioni del luogo, motivo di vanto e prestigio. Per vederle dal vivo non serve arrivare chissà quanto lontano, alcuni esempi sono conservati al British Museum di Londra.


© Disney | min. 00.47.58

Un altro fattore curioso e divertente è quello del popolo Elema del Golfo di Papua, nel sud-est della Nuova Guinea, che praticava in passato un elaborato ciclo di rituali in maschera che i videogiocatori potrebbero ricordare per l'iconico Aku Aku di Crash Bandicoot. Alcune di queste maschere erano sacre, altre, come quelle che vedete in foto, erano create per il divertimento. Esse sono le cosiddette maschere Eharo, per gli Elema considerati "maea morava eharu" ("cose di gioia") e rappresentano esseri soprannaturali e figure umoristiche (proprio come i Kakamora del film, che indossano maschere simili). Associata a una cerimonia chiamata Hevehe, la maschera veniva indossata ogni sette anni per calmare o scacciare gli spiriti arrabbiati del mare e della terra. Gli uomini delle tribù che partecipavano al rituale Heveh sfilavano con queste maschere e le donne lanciavano contro di loro noci di cocco tritate per neutralizzare il loro potere seduttivo. Ormai inoffensivo, l'eharo ballava circondato da grandi gruppi di donne per il divertimento della folla riunita, per poi bruciare la maschera e ricominciare il ciclo di sette anni.



Link utili

Guarda Oceania su Disney +


Le opere:

Ngatu (Barkcloth), Tonga, (1972), mulberry and pigment,


Eharo Mask (early 20th century), Metropolitan Museum of New York.




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