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Gli Aristogatti (1970)

Il film

© Disney

Dopo la morte di Walt Disney spettò a Wolfgang Reitherman (uno dei leggendari Nove) guidare gli Studios su quella stessa strada fatta di protagonisti animali più o meno antropomorfizzati. Gli Aristogatti fu il primo ad essere realizzato dopo la morte del fondatore, ma la sua impronta è ancora presente essendo che il progetto venne approvato proprio da Walt Disney qualche anno prima. Il film racconta la storia di una famiglia di gatti aristocratici, futuri ereditieri ed abitanti della lussuosa casa dell’anziana Madame Adelaide. Invidioso dei gatti e intenzionato a diventare l’unico erede della fortuna di Madame, il maggiordomo Edgar li catturerà e allontanerà dalla loro magione per subentrare al loro posto nel testamento. Ad aiutarli a tornare a casa e riconquistare il proprio diritto ci penserà il randagio Romeo (er mejo der Colosseo) insieme ad altri animali dei bassifondi parigini. Forse un film non particolarmente innovativo, ma con uno storytelling fresco e scorrevole, tipico della migliore narrativa disneyana.


L'arte

© Disney | min. 00.11.30

Uno dei gattini protagonisti del film, il piccolo Matisse, mostra da subito delle brillanti doti da pittore. Non poteva essere da meno, considerando il suo nome in omaggio al famoso Henri Matisse, uno dei più noti artisti del XX secolo ed esponente di maggior spicco della corrente artistica dei Fauve. Come lui il gattino sceglie colori brillanti e simbolici, violenti, spesso dissonanti e senza riguardo per il colore naturale del soggetto. All'inizio del film lo vediamo esercitarsi nella ritrattistica, in particolare lo vediamo tratteggiare i lineamenti del maggiordomo Edgar in un modo del tutto innaturale per la scelta dei colori, per lo più legati alla sfera emotiva. Il volto è di colore verde, la sagoma invece viola: due colori che gli animatori hanno sempre riservato agli antagonisti, ai villain, sottolineando come il gattino percepisca negativamente la figura del maggiordomo. Una scelta in linea con il pittore che gli ha dato il nome, i cui ritratti presentano scelte cromatiche decisamente espressioniste.


Sinistra: Matisse, Donna con cappello (1905) | Destra: Toulouse-Lautrec, Oscar Wilde (1895)

Il nome del gattino rosso però non è sempre stato questo. Infatti, in lingua originale non si chiama Matisse, ma Henri de Toulouse-Lautrec, omaggiando un altro grande artista esponente degli stessi anni. Il caso (o forse l'ingegno) vuole che anch'egli realizzò il ritratto di un uomo con papillon, ma ben lontano dall'essere il suo maggiordomo: quello che Toulouse-Lautrec ritrasse fu niente poco di meno che lo scrittore e poeta Oscar Wilde. Il dipinto è del 1895 si trova in California nella Collezione Lester. Nell’apparato critico e filologico di G.M. Sugana, si legge:

L’effigiato aveva conosciuto il pittore a Parigi, ma si era rifiutato di posare per lui. La presente effigie viene eseguita a memoria in occasione del processo che condannò lo scrittore a Londra; nel fondo si scorge un vago accenno al Tamigi. Ripreso da un disegno a penna pubblicato nella “Revue Blanche” nel maggio del 1895 e in un programma di teatro del 1896. Firmato in basso a sinistra.

Link utili

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I dipinti:

Herni de Toulouse-Lautrec, Portrait of Oscar Wilde (1896)

Private Collection, Beverly Hills, California USA.


Henri Matisse, Woman with a Hat (1905)

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